Non sono nato in Colombia per caso.
Anzi no, non sono nato in Colombia perchè mia nonna Nunzia non volle.
Nel 1951 Mario aveva già acquisito una discreta conoscenza nella galvanotecnica.
Un "mestiere" quello che stava in bilico tra la chimica e la metallurgia.
Era mastro della sua stessa impresa e aveva almeno 10 dipendenti sotto di lui.
Una grossa ditta inglese gli aveva commissionato il trattamento dei loro prodotti.
Poi venne la crisi era già il 1952.
Meglio detto si sgonfiò il boom economico, iniziarono le lotte sindacali e le imprese straniere trasferirono le attività produttive in paesi meno sviluppati.
Mario non si perse d'animo e tornò ad aprire la sua attività nelle umide stanze in un cortile di un palazzo alla riviera di Chiaja.
Una grossa azienda, che oggi chiameremmo multinazionale, gli propose di andare a dirigere lo stabilimento di galvanica a Medelin, in Colombia.
Ma la passione per il sudamerica aveva già radici profonde. Forse comuni a quegl'italiani che da mezzo secolo o più emigravano verso l'Argentina o gli Stati uniti d'America o l'Australia.
Mario aveva conosciuto Tobruch, Tripoli e Bengasi durante la seconda guerra mondiale.
Forse la Grecia e un po' di Egitto. L'avventura e l'esplorazione di nuovi luoghi lo intrigava tantissimo, ma altrettanta era spesso la paura di trovarsi in situazioni sconosciute.
Questa perenne indecisione lo aveva salvato troppe volte durante la guerra.
Adesso avrebbe avuto finalmente l'occasione di soddisfare quella voglia di scoprire il mondo che gli era mancata.
Si decise che questa era la sua possibilità di svoltare, di dare alla propria famiglia un futuro migliore, di crescere professionalmente e umanamente.
Niente di meglio che un grandissimo paese tropicale, pieno di foreste, fiumi, laghi montagne e cascate. Dove la lingua dei locali non sarebbe stata troppo difficile da imparare e le abitudini abbastanza simili a quelle della vecchia europa meridionale.
Per giorni fu stretto da una tenaglia al cuore. Cercò con forza il modo migliore di riferire la notizia alla moglie.
Allora migrare spesso significava partire da soli, senza legami. Ma Mario voleva trasferirsi con la moglie e le figlie.
Sapeva che la moglie Nunzia non avrebbe accettato la cosa facilmente. Sapeva che ci sarebbero state interminabili discussioni, litigi, recriminazioni.
Non era facile far ragionare quella donna!
Tanto bella quanto testarda.
Quando Mario trovò il coraggio, o meglio la forza di affrontare Nunzia per spiegarle di quel progetto non aveva ancora ben chiaro quale fosse la mancanza di limiti, la furbizia, la determinazione della donna che aveva sposato.
Infatti lei per settimane si mostrò fintamente euforica, contenta.
Mario prese la cosa come un buon segno e andò in questura a farsi fare i passaporti.
La sera prima della partenza, Nunzia con la delicatezza di un maestro del bluff, mise i passaporti nel fuoco, fece nascondere le valigie a casa di un'amica del quartiere e si addormentò al lato del suo ignaro marito.
Quando si svegliarono l'indomani e Mario si accorse delle sparizioni non fece alcuna scenata.
Non disse niente, si limitò a constatare la mancanza delle valigie e dei passaporti.
Con ammirevole rassegnazione spense per sempre l'idea di andare in Colombia e rimase in silenzio per altri 55 anni accanto alla moglie che amava.
Pochi mesi dopo, era il 1953, nacque mio padre, in Italia.
Non sono Colombiano perchè mia nonna Nunzia non volle.
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