sabato 29 novembre 2008

post criptici, ma molto sentiti

Post UNO
Voglio un tuo segno. Voglio un colpo, un pugno, un grido.
Voglio sentirti dire, si! lo voglio.
Voglio che mi chiami, che mi dici che vorresti il mio aiuto, il mio sostegno, la mia presenza, la nostra essenza.
Che stai aspettando che scuota gli alberi, che cadano le foglie vecchie, che tremino i palazzi. Che aspetti dalla finestra la furia ZAX. Che sei pronta a metterti in discussione, che sei pronta ad andare fino in fondo e se deve essere sia.
In caso contrario scegli di non scegliere. Di restare come sei, di avere quello che hai, che certamente è più facile. Scegli di rinunciare. Di non avere abbastanza forza per capovolgere l'esistenza.


Post DUE
E alla fine avevi ragione tu.
Bisogna guardare avanti, cercare l'emozione dei nuovi incontri che si nascondono dietro l'angolo.
Avevi ragione anche quando dicevi che sono malinconico, ed è già un anno che non cerco la vita avanti ma indietro.
Ti ho risposto che è un modo per scappare dal presente. E anche in questo mi hai inseguito e stanato.
E allora Ale, grazie.

giovedì 27 novembre 2008

Mario ha otto nipoti e si ricorda i nomi di tutti.
Nel 1940 già arruolato nella reale marina italiana è di base a Napoli.
Durante le libere uscite torna nel quartiere Chiaja, lì le sere si balla nonostante la guerra e la povertà. Si balla nelle case, alle feste. Tutti invitati.
E' qui che conosce Annunziata, la quale dopo parecchi balli troverà il coraggio di mandare un comune conoscente a dichiararsi.
Allora si diceva "vuliss fa ammore cu vuje".
Parole di una profonda poesia che vengono da lontano, dalla tradizione.
"vuliss fa ammore cu vuje" è un suono flautato che passa tra i muri dei palazzi, tra i bassi, nelle orecchie delle donne col capo coperto. Mentre portano i panni a lavare, mentre contrattano il prezzo degli ortaggi.
Sono parole d'amore che non lasciano indifferenti nessuno.
Chi le ha pronunciate attraverso la propria bocca o le ha ricevute per parola, dedica la propria vita all'amore.
Gli altri si consumeranno per l'eternità alla ricerca di una felicità solo fisica.

Dal porto il vento attraversa la città.
La notte le strade sono vuote, non c'è luce elettrica.
Mario non dorme mentre pensa alla sua promessa d'amore.

Gennaio 1941, la sua compagnia salpa per Tobruk, Libia.
Mario è uno sminatore di bombe sottomarine.
Il suo addestramento per tutta la guerra è durato mezzora.
Non ha mai toccato una bomba e non saprebbe neanche da dove cominciare per un eventuale disinnesco.
E' imbarcato sul Elisabetta Vittoria, peschereccio civile convertito alla marina militare. A prua c'è una mitragliatrice.
Manca il mitragliere. E a pensarci bene mancano anche le munizioni.
La Elisabetta Vittoria segue due corazzate e altre navi rifornimento.
Il mediterraneo è già in gran parte controllato dalla flotta britannica nemica.
Viaggiano sottocosta per tutta la Sicilia,, la Tunisia e finalmente arrivano a Tobruk.

A Tobruk portano le scorte che poi serviranno per il massacro di El Alamein.
Non c'è traccia dei locali. Non ci sono bordelli, le notti che non sono di corveè le passa con la sua compagnia a giocare a carte, da buon marinaio.
Un lontano cugino riceve il cambio e torna a Napoli.
Mario gli affida dieci lire da portare a sua madre.
Nessuno mai vide quei soldi, tantomeno il cugino.
Qualche mese dopo assiste allo sbarco di Rommel, della sua Panzerdivision con i carrarmati corazzati e le diavolerie della guerra.
Durante il lungo conflitto africano le notizie viaggiano con lentezza.
Si sà di vittorie schiaccianti e di sconfitte di misura.
Il fronte si capovolge varie volte, gli alleati avanzano e arretrano.
Fino al conflitto che segnerà la sconfitta africana dell'asse.
El Alamein appunto.
Quando i britannici sono ad un passo dall'accerchiare le truppe rimaste nel porto di Tobruk, arriva l'ordine di salpare per il peschereccio Elisabetta Vittoria.
Ma il porto è chiuso. La Royal Navy affonda qualsiasi imbarcazione provi a uscire.
Poi arrivano degli ufficiali britannici, è tutto molto confuso, nessuno capisce cosa stia succedendo.
Dopo tanta paura ai soldati italiani viene fatto capire che potranno lasciare la Libia di notte, a luci spente. Solo su imbarcazioni civili.

Mario è sottocapo, prendono il largo la stessa notte. Ha paura, trema, prega, si sentono bombardamenti da tutte le parti. Tobruk è caduta.
Per giorni si naviga verso le coste italiane senza contatto radio.
La mitragliatrice di prua viene gettata in mare. L'aviazione alleata cosi risparmierà la vita di quei pochi marinai scampati.
Grande stima e rispetto prova Mario per la marina navale di Sua Mestà il Re di Inghilterra.

In Sicilia la radio viene riaccesa. L'ordine è di tornare a Taranto.
A Taranto sbarcano, gli spetta lo stipendio dell'ultimo mese.
Mario diserta.

mercoledì 26 novembre 2008

valutazioni post-lavapiatti.

Dopo la sesta volta consecutiva che lavo i piatti in casa ho preso la solenne decisione che la prossima volta che mi comprometto con una donna questa dovrà essere una filippina, che lavi i piatti, rifaccia il letto, spazzi per terra e non si lamenti.
Perchè mi è capitata in sorte una donna in carriera, che sbuffa se c'è da pulire in casa, che disordina peggio di tre adolescenti in un campus universitario e se la prende con me se la cena non è pronta?
Dopo tanto lottare per la parità dei sessi, mi interrogo con il mestolone in mano, l'acqua calda che cade sui piatti sporchi:

"Per quanto ancora ce la faranno pagare?"

lunedì 24 novembre 2008

Diversivo-digestivo

C'è da chiedersi come mai alle tre del pomeriggio il miglior programma televisivo sia quello per bambini.
O se volete dovrei interrogarmi sul perchè io alle tre del pomeriggio stia guardando la televisione.

quando verrete a svegliarmi, gettatemi un secchio di acqua gelata in faccia. Non sopporto piu questa anestesia cosciente.

domenica 23 novembre 2008

JOIN THE CLAN (unisciti al gruppo)

E cosi dopo una settimana di fuoco, mi godo il weekend.
Ho fatto cinque colloqui di lavoro e la sera quando mi infilo nel letto dormo il sonno dei giusti.
Di quelli che stano facendo quanto possono per darsi una mossa.
Affronto con nuova verve il problema relazioni sociali, e noto qualche risultato.
Infatti chi mi si ricorda di me come vulcanico socializzatore, amico di tutti sempre al centro dell'attenzione, potrebbe facilmente scioccarsi dinanzi alla mia apatia comunicativa di questi ultimi anni.
Sono in grado anche di trovare temporalmente il momento in cui sono cambiato, ma non i motivi.
Eppure la gente ha smesso di interessarmi.
Non mi sforzo di capire cosa pensino gli altri, se ci sono visioni comuni o se sono possibili amicizie.
Forse perchè io non penso più a niente, non ho nessuna visione e sono abbastanza deluso dalle amicizie.
In questo clima pesante e noioso (il mio intendo) però ho trovato qualcosa di utile.
Ho preso sto cazzo di feisbuc e ne ho creato qualcosa di produttivo.
E così mi sono messo in contatto con tutti gli ZASSO del mondo e abbiamo fondato un gruppo, il clan zasso.
Con l'obbiettivo di ritrovare un punto di partenza e una storia comune.
Quindi con grandissima sorpresa siamo risaliti alle origini del cognome, della sua collocazione geografica (documentabile) e delle sue vicessitudini.
Gli Zasso sono presenti nella provincia di belluno (veneto) dal 1300, o almeno da allora ci sono certificati di nascita.
Probabile però la sua origine austro-ungarica o tedesca.
Forse collegati in qualche modo al cognome ZIS o ZAS di chiara discendenza germanica.
Il cognome non è diffuso in italia, anzi è presente in sole due località, in provincia di belluno soprattutto presso il paesino di Agordo e a Napoli.
A napoli però ci siamo solo noi (tre fratelli Zasso, di cui uno è mio nonno).
Qualcuno del gruppo ha avanzato la possibilità che durante la disfatta di caporetto alcune famiglie venete siano scappate verso sud per evitare i massacri degli austriaci e quindi potrebbero essere finite in campania.
Mio nonno però arriva con la memoria fino a suo nonno che era napoletano, parliamo quindi dell'ottocento. Ben prima della prima guerra mondiale.
Alcuni Zasso sono ancora li a belluno e dintorni. Altri sono migrati all'inizio del novecento in argentina, brasile e chile. Qualcuno lo abbiamo trovato in francia e altri tra il canada e l'australia. (nessun gringo so far!).
Molti si sono appassionati a questa mia ricerca e ricevo messaggi molto simpatici dagli zasso piu strani. Ho addirittura chattato con una signora svizzera, il marito della quale è anch'egli un Zasso.
Adesso il dilemma è: a Belluno troverò ospitalità tra i miei "parenti"?

giovedì 20 novembre 2008

Mamma ho visto un mennonita!

Paraguay 2006. Aprile circa.

"io ci terrei proprio tanto a vedere le colonie mennonite al centro del Gran Chaco"

"cosa sono i mennoniti?"

"sono una roba pazzesca: esuli russi, di etnia germanica, scappati dall'avvento del bolscevismo della rivoluzione d'ottobre, cristiani protestanti che rinnegano la dottrina di tutte le altre confessioni cristiane e vivono senza l'ausilio della tecnologia moderna, si vestono con stravaganti salopette jeans e cappelloni da puritani...ah e ovviamente come tutti gli esuli russi parlano solo il tedesco del 19° secolo".

"dove vivono?"

"vivono in questa savana subtropicale del Paraguay chiamata Gran Chaco".


Asuncion è la città più umida che abbiamo mai visitato. Il sole sembra concentrare tutti i suoi raggi nel perimetro della città. I condizionatori degli appartamenti immettono in strada altra aria calda.
L'insolito risultato rende impossibile uscire dopo le otto del mattino e prima delle sette di sera.
Anche se sociologi alle prime armi parlano di una consuetudine dovuta alla paura delle varie dittature che hanno insanguinato il paese rendendo la sua popolazione restia a mettere il naso fuori dalla porta di casa. Falso! E' colpa del caldo!
Il bus che ci porta da Asuncion a Filadelfia è una supposta di aria condizionata che attraversa l'inferno ida y vuelta due volte al giorno.
Sul mezzo siamo 4 turisti (dei nove che visitano il paraguay mensilmente)
I finestrini sono oscurati da fuori, le porte sigillate per non perdere neanche una "goccia" di aria fresca del condizionatore.
Due turiste svizzere ci precedono nei posti. Poi mi pare che ci siano un paio di cristi qualsiasi e un Guarany. Gli autisti sono due. Uno guida e non parla, l'altro ci offre da bere, aranciata, mate de guarany e fa conversazione con noi tutti ma soprattutto con le bionde svizzere.
Il viaggio dura cinque ore, ma potrebbero essere 9. Il tempo si appiattisce e il paesaggio ti fa dimenticare di essere sulla terra.

A metà strada.
Piu o meno a cavallo tra il niente del Sahara e il nulla cosmico lo sportellone si apre e salgono due sorprese.
Il mio primo contatto con due mennoniti è esattamente come me lo sono immaginato per mesi.
Non salutano, non parlano, hanno i cappelloni e le salopette, sono sobri, portano con se una valigetta. Sono vagamente ostili e io immagino che ci considerino degli svergognati che indossano sconciatissime magliette T-shirt.

Filadelfia è la colonia più grande del gran Chaco. Le strade si chiamano STRASSE con la ß. Non sono asfaltate c'è solo terreno. Ché se piovesse si chiamarebbe fango. Ma nel Gran Chaco non piove.
In Paraguay i turisti sono meno comuni dei giaguari. Ho visto 9 turisti in tre settimane. Nessun giaguaro vivo, ma dicono che siano bestie poco socievoli.
A Filadelfia c'è un solo hotel, e noi che siamo avventurieri della domenica abbiamo telefonato il giorno prima per conoscere disponibilità e prezzi (e andateci voi li col rischio di non trovare dove dormire, magari conoscerete qualche giaguaro!)
Ci sono due tipologie di camere, ci spiega in tedesco prima e in uno stentato spagnolo poi, la ragazza della reception (bionda con occhi azzurri).
Noi capiamo solo la parola "economica" e ci lanciamo verso il risparmio.
Mentre aspettiamo le chiavi assistiamo sbalorditi alla partecipatissima conversazione delle svizzere con la tipa del hotel. In tedesco s'intende!
Le chiavi arrivano contemporaneamente per tutti, ma loro salgono le scale e spariscono mentre noi veniamo accompagnati lungo un sentiero verso una costruzione al livello della strada.
La tragedia ha inizio.

La stanza economica è di gran lunga piu bella e luminosa e pulita e profumata e comoda e splendente che abbiamo mai visto in quattro mesi di viaggio.

Dal battiscopa fa capolino uno scarafaggetto che è li chiaramente per salutarci e farci le sue feste.
Figurati, abbiamo dormito con le capre e le galline e i cavalli e i cani randagi.
Allora lo scarrafone chiama a raccolta i suoi amici che vogliono salturaci anche loro.
Si materializzano da punti diversi. Prima cinque, poi dieci poi decine decine decine di scarafaggi e una cavalletta, delle formiche e altri scarrafoni. Grandi piccoli medi. Un grillo, una falena. Il pavimento diventa nero. E' il primo rave per insetti a cui partecipo.
Silvia ed io siamo nel panico, altrimenti ci chiederemmo che fine hanno fatto i due leocorni. Il panico si trasforma in isteria. L'isteria in rabbia convulsa.
Alla reception ci dicono che si può fare poco. Manderanno qualcuno a pulire.

Il chico che è stato mandato è alto due metri e venti e la bomboletta di raid anti-insetti nelle sue mani sembra più un deodorante spray monouso.

Sorride, sfotte forse?
Poi amabilmente ci informa della grande verità:

L'uomo non è l'abitante naturale del Gran Chaco.
Lo scarafaggio è il padrone di queste terre...
Ma state tranquilli, non volano, non saltano e non gliene frega niente di voi.

E grazie al cazzo!
Mi faccio lasciare la bomboletta insetticida e glielo faccio vedere io agli scarrafoni che sono guai a mettere i bastoni tra le ruote all'uomo! TSE', 'sta natura, crede di poter avere la meglio?
Dopo esserci avvelenati tanto quanto gli insetti discutiamo della possibilità di prendere la prima supposta di ritorno e cercare conforto tra le vuote ma belle strade di Asuncion.
Poi decidiamo di non darla vinta agli scarafaggi, né ai mennoniti né a quel gran figlio di un Chaco e a sua madre, madre natura per l'appunto.

Poi qui ci sono un sacco di cose da vedere! Il museo del pioniere e un supermercato. E figurati se noi ci perdiamo un supermercato.

La mattina dopo ci siamo già ambientati. L'unico momento difficile è stato quando uno degli scarafaggi scampati alla grande moria del raid è salito sulla gamba di silvia sotto la doccia. Scarrafoni anfibi.
Nel museo aperto apposta per noi due ci sono dei giaguari imbalsamati e altre cianfrusaglie. Il prezzo del biglietto non serve a mantenere il museo ma a foraggiare le casse della comunità.
Ci invitano a provare lo yogurt che dicono essere la specialità del luogo.
L'hotel ci fa vedere una videocassetta con la storia delle colonie, della sofferenza dei pionieri, degli scarafaggi nelle zuppe, delle coltivazioni bruciate dal sole, delle carestie.
Il punto di svolta di queste comunità è stata la cooperazione con gli indigeni del Paraguay. I Guarany (qui tutto si chiama Guarany, dai succhi di frutta ai soldi alla gente, è il simbolo nazionale, poi però gli indigeni guarany si contano sulle dita di una mano).
Quindi al tramonto ci è chiara una cosa: I mennoniti sono dei testoni in salopette, ma non dei fessi.
Nei loro campi di cereali mica ci vanno loro a spezzarsi la schiena, ci mandano gli indigeni che sono sfruttati e mal pagati.
Ora capisco perchè sono fuggiti dai bolscevichi, quelli se li trovavano se li mangiavano vivi, e non solo i bambini.

Il terzo giorno risaliamo sulla supposta congelata e riprendiamo il largo lasciandoci dietro 'ste colonie mennonite for good! Ci chiediamo però che fine avessero fatto le svizzere, se come noi fossero riuscite a sopravvivere (anche senza scarafaggi nella stanza al piano rialzato) o se si fossero arrese alla nullità violenta di questo posto.

Ad Asuncion facciamo il punto della situazione e ci dirigiamo verso il Brasile.

lunedì 17 novembre 2008

monday afternoon, about 18.30

Vogliamo tutte le soluzioni.
E anche tutti i problemi. Le domande e le risposte. Le musiche e le chitarre.
I film impegnati, cervellotici, i thriller e gli spauracchi.
Le commedie frivole e i sentimenti veri.
Vogliamo la rivoluzione e la guerra. La pace e la gente.
Gli amici con la A, i nemici e gli oppositori galantuomini.
Vogliamo l'amore e il sesso. L'allegria e le risate, i pianti veri e gli abbracci di quelli che non vediamo da una ventina d'anni.
Gli schiaffi forti che ti svegliano e le carezze che ti addormentano.
Vogliamo fidarci e rimanere vigili, perchè chiunque ci sta per truffare.
Vogliamo i soldi e le case e i pantaloni colorati e alternativi. I capelli lunghi e le pettinature alla moda.
Le foto con le gambe all'aria e mille compagni addosso.
I video dei matrimoni con le giacche e le cravatte. I paroloni, i discorsi seri che nessuno ascolta.
Vogliamo parlare della nostra attività, del nostro tuolo nel mondo e di quanto insignificanti siamo nell'universo.
Vogliamo saper dire quali stelle fanno parte delle costellazioni. O aprire il cielo con un dito.
Vogliamo volare e andare in treno. Vedere tutti i posti e dire che il meglio è dove non siamo ancora stati.
Girare il mondo e ritornare sempre al punto di partenza.
Vogliamo due genitori e non uno e mezzo.
Vogliamo una famiglia unita e che nessuno si faccia i cazzi nostri.
Vogliamo la solitudine e la compagnia, i sabati sera a ridere e le domeniche in gita.
Vogliamo una strada sicura su cui crescere, un lavoro normale e sentire di appartenere a qualcosa.
Vogliamo essere fuori dal coro, provare tutte le strade, aprire i portoni senza chiudere le maledette porte.
Vogliamo il passato e il futuro, il presente di emozioni forti e avvincenti.
Le gare e le rese. Gli alleati più forti e le squadre da trainare.
Vogliamo essere leader di tutti e seguire chi ha le idee chiare.
Vogliamo parlare e ascoltare cinque minuti.
Le cose gratis e le autostrade illuminate, i cani che ci fanno le feste e i gatti che si nascondono. Vogliamo giocare finchè si ha voglia e stenderci sul letto quando non ci va.
Vogliamo uscire dalla porta e combattere le ingiustizie del mondo ogni mattina, restare sul divano a interrogarsi sui propri falliementi.
Vogliamo tornare indietro nel tempo e dire a quella biondina se vuole fare un tratto di strada insieme, o dire a noi stessi che si sta sprecando un'occasione.
Vogliamo mangiare piu arancini di sicilia e essere magri e belli come nelle pubblicità.
Vogliamo che nessuno ci tradisca, che in tv diano sempre documentari sugli animali.
Vogliamo l'uomo su Marte e la fine della miseria.
Vogliamo dei figli, e crescerli come eroi. Vogliamo la matematica e la psicologia, l'ingegneria e la storia.
Vogliamo l'acqua che esce dalle sorgenti e il camino che brucia legna sintetica.
Un giardino di alberi e frutti, l'erba verde inglese. Nessuna repressione.
Vogliamo accogliere gli stranieri e portare la nostra cultura nel mondo.
Vogliamo pensare con le nostre teste e leggere i giornali su internet.
Vogliamo amare e essere amati.

e giù lacrime.

domenica 16 novembre 2008

Aggiornamento notturno



Aprite bene le orecchie. E' vero che un video delle Iene ma è interessante sentire quello che si dice riguardo i piani della P2, i quali sono in gran parte già attuati.
Manca giusto la sottomissione delle procure al potere legislativo (parlamento).
Ma mi pare che il governo Berlusconi si stia prontamente da fare.
Quindi se non vi ha già preso la nausea guardatevi anche l'ultimo video della giornata.

sabato 15 novembre 2008

il letargo veronese

Pare che Barak Obama abbia vinto le elezioni negli Stati Uniti.
Il buco dell'ozono è diventato cosi grande è considerato il sesto continente.
Fuori è arrivato l'inverno e in casa Zax ci si chiede se sopravviveremo anche a questo.
Cazzo e tutto questo in una settimana o poco più.

Mentre il vostro affezionato ha raccolto tutti i pezzi del mosaico e si è messo a ricomporre la propria vita partendo dal basso (ed è già la terza volta).

Ieri ho fatto un colloquio di lavoro che è durato una giornata intera. E orgogliosamente ho rifiutato di fare un secondo incontro. Perchè? Perchè non era un vero lavoro, ma una serie di truffe. Vendere prodotti finanziari di questi tempi...è come...no non lo trovo il paragone. E' una truffa e basta!
Ma ieri sera ero quasi pronto ad andare a correre. Poi non l'ho fatto ma è già un passo avanti. (E qui si avanza lentamente).
Buone nuove dal fronte australe. Siamo ad un passo dal lancio.

I ricordi delle medie, delle elementari e di anni di superiori si sovrappongono nelle conversazioni con i piu disparati compagni di scuola. Alcuni sono diventati delle mezze seghe, altri degli squali poche le sorprese positive, ma ci sono state.
Se facessi un bilancio delle mie imprese invece mi sento ancora lontano dall'aver concluso qualcosa nella vita. Però oggi sono ottimista e penso che il bello deve ancora venire.

So boys and girls don't give up!

martedì 11 novembre 2008

Zax, update.

In serata lieve schiarimento delle nubi esistenziali. Con deboli rovesci di panico.
Previsto tempo nuvoloso per il resto della settimana a meno che non esca un lavoro.


Un po di ringraziamenti:
Grazie a F, per quello che ci siamo detti. Per quello che nonostante tutto siamo ancora.
Un grazie a Silvia per aver riso delle mie pessime imitazioni del chancho che hanno scacciato via una brutta settimana.
Grazie a Mentana per aver ospitato la piu bella gnocca del giornalismo italiano, Rula Jabreal.
Grazie a M. che mi ha risollavato con una telefonata inaspettata e con la prospettiva di condividere le prossime esperienze boliviane.

Anche grazie a Feisbuc che mi ha fatto scovare i compagni delle elementari...e l'abbraccio di A. F.

Ora se non vi siete rotti il cazzo di leggere le mie lamentele quotidiane, ringrazio anche voi (quindici).

Buonanotte.

giovedì 6 novembre 2008

Zax in pillole

Sono depresso.
Questa è la grande novità di questo blog.
Sarà perchè ho perso il lavoro? Sarà perchè da quando sono in Italia ho messo su 25 chili?
Sarà anche perchè a Verona non sono riuscito a trovare la mia dimensione, gli amici che vanno e vengono? Chi lo sa!
Sono dodici mesi che non vivo più nel presente, passo ore a ricordare i tempi migliori.
Mi immagino un futuro che riparte dal Gabriele Zax del 1999.
Vi racconto questa storia:

Quell'estate sentivamo tutti di avere tra le mani il mondo. Non che sapessimo cosa farci, ma tutto era possibile, c'erano amicizie solide e pomeriggi di risate.
Conoscevamo persone nuove, almeno dieci a settimana.
Fu un pomeriggio di quelli che C. mi portò a casa di R.
Di R sapevo che suonava il violino, che aveva una qualche fissa per l'Irlanda, che era uno di noi, uno di piazza. Ah sapevo anche che aveva una sorella, ma non l'ho mai vista.
Ci fu un'intesa di sguardi, di propositi.
Fui coinvolto in questa strana carovana di adolescenti e dopo neanche un'ora facevo già parte di quella pazza estate.
R. mi disse in un orecchio (ma oggi rinnegherebbe) :
sono contento che vieni, perchè con questa gente qui mi sarei annoiato. Almeno saremo in due a divertirci.
Nacque un sodalizio che ci portò a Berlino, poi Amsterdam e Barcellona.
Le relazioni interpersonali furono sottoposte a dure prove durante il viaggio e non poche volte litigammo.
Ognuno si occupò di cosa vedere in ciascuna delle città. A me toccò Amsterdam, scelta non casuale visto che ero l'unico che si fumava le canne.
Infatti mi ricordo... cioè non mi ricordo quasi niente ma tanto fumo.
Prendemmo anche molta pioggia, devo avere delle foto da qualche parte.
Una sera svenni dalla febbre o dalla stanchezza o dal fumo e dormii quasi dodici ore.
Al mio risveglio R era diventato biondo (supersayan R furono le parole che echeggiarono più spesso ad Amsterdam quell'estate).
In quell'occasione nel museo di Van Ghogh feci la conoscenza piu significativa della mia adolescenza: Van Ghogh. IN PERSONA!!!
Oppure un tizio assunto dal museo per rendere sbalorditiva la visita.
Devo ammettere però che avevo assunto cannabis anche quella mattina.
Le sere le passammo nel quartiere a luci rosse, senza mai andare a puttane, chè nessuno aveva il coraggio.
Ma fingemmo talmente bene che C, scandalizzato, ruppe il sodalizio e con voce piangente ci disse: fate schifo, me ne vado! Zax in che direzione è l'albergo?
Io: di là credo...
Quando lo rivedemmo la mattina dopo, noi ci eravamo sbronzati, avevamo girato tutta la città a piedi, entrati in locali e discoteche, parlato con femmine e persi e morti.
Lui, C, aveva vagato invece di notte per buie strade deserte ché si era perso e non sapeva trovare la strada.
N0n ci parlò fino a Barcellona...anzi neanche a Barcellona.
Li R pianse davanti alla sagrata familla, oggi mi chiedo chissà se quando dieci anni dopo circa ha vissuto nella metacittà ha pianto tutti i giorni.
Una sera una ragazza ci chiese: tienen un duro?
Noi che eravamo giovani e molto arrapati ci guardammo con aria maliziosa, e come Veltroni rispondemmo: "se po' fa!!", si ce lo facciamo venire duro in meno di un secondo.
Fu amara la scoperta che un "duro" nella Barcellona pre-euro erano cinque pesetas.
E giù a ridere come matti.

Al rientro a Napoli, in un aereo pieno di concittadini partenopei, scoppio il classico applauso al pilota per averci portato sani e salvi di nuovo a casa. Anche li, C, seduto in disparte perchè autoesclusosi dal gruppo se ne usci con un urlo: CHE ATTERRAGGIO DI MERDA.
E l'anno dopo si iscrisse ad ingegneria Aerospaziale che almeno avrebbe fatto degli atterraggi decenti!

Dieci anni dopo siamo ancora tutti amici, anche se camminiamo sentieri diversi.
E oggi ricordi come questi valgono oro nei pomeriggi in cui il futuro è buio e antipatico.

mercoledì 5 novembre 2008

Kenedy Nixon

Non sono riuscito a trovare il video trasmesso da Enrico Ghezzi qualche notte fa.
Si poteva vedere tutta l'intervista tra Kennedy e Nixon con i sottotitoli in italiano.
Intanto allora beccatevi questo che è solo la parte introduttiva (niente in confronto col resto della registrzione).
Mentre speriamo che vinca Obama e che la crisi economica passi velocemente e senza troppi dolori.