giovedì 19 febbraio 2009

politica a pranzo

Stavo per rassegnarmi a passare la mia ora pranzo con le colleghe "vece", le vecchiotte del mio ufficio.
Anzi stavo per rassegnarmi al silenzio, alla totale passività nei confronti delle loro chiacchiere da donne mature.
Ho imparato però tante cose, per esempio come fare una buona manutenzione della lavatrice o come stirare e amidare i colletti delle camicie.
Ci sono nel gruppo punti di vista differenti sul mondo.
Alcune sono molto avanti, altre decisamente conservatrici.

Oggi si parlava del Festival di Sanremo ed in particolare sulla polemica che una canzone sull'omosessualità pare abbia acceso nel solito pubblico della solita Italia fintamente ed infinitamente spaccata a metà.

Davanti a certe cavolate anche la mia flemma britannica non ha retto.
Sono esploso, per la prima volta.
Non è possibile che passi il concetto di omosessualità = malattia, dalla quale teoricamente ci si potrebbe addirittura curare.
Se così fosse, sarebbero tutti leggittimati a pensare che gli omosessuali siano dei malati, perversi, da prendere con le medicine e qualche buona bastonata.
Ecco, ho cercato di spiegare questo, che a mio avviso era il centro della giusta polemica dell'Arcigay.
E lì tutto il provincialismo conservatore della piccola borghesia di paese è venuto fuori e si è seduto al tavolo con noi.

Libertà di pensiero non è uguale a insulto.
Proprio come subdolamente si cerca di fare attraverso questa canzone del Festival.
Se io posso dire quello che mi pare, sarò anche libero di sostenere che il mio avversario politico è una gran testa di cazzo...e ripeterlo in televisione un milione di volte finchè qualcuno non si convincerà.

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