lunedì 21 giugno 2010

Il SOCIO


Quando c'era G. per casa, la sera si facevano sempre due chiacchiere, anche quando non ne avevamo voglia.
Era invece una terapia contro lo stress che oggi rimpiango.
G. non aveva particolari pretese e per questo lo stimavo molto. A lui bastava una piccola tv, un bel film, qualcuno con cui scambiarsi le impressioni sul tempo e sui fatti semplici della vita.
G. era onesto (e lo è ancora), la malizia della vita gli scivolava di dosso.
L'ho conosciuto una sera ad una festa, dieci anni fà.
Mi chiese di riaccompagnarlo a casa con la macchina e quando arrivamo scese senza né ringraziare né salutare.
Mi piacque subito!
Dopo lo si vedeva sempre in simbiosi con R. che suonava il basso con il nostro piccolo gruppo punk del 2000.
Quando R. divenne una figura fissa a casa mia, lo divenne anche G.
G. era taciturno, parlava poco (ma più di oggi stranamente).
All'inizio non mi pare che lo degnassimo di tanto interesse.
Ma le cose cambiarono in fretta.
Mi ricordo che durante una nottata passata a girare nel quartiere-pancia alla ricerca di un modo per sfogare le nostre voglie di giovani adolescenti, già abbastanza divelti a causa dell'alcol e delle droghe, scoprimmo che G. era capace di fulminanti pensieri filosofici brevi e precisi.
Ora non ricordo neanche una delle perle di saggezza che ci regalò in quei due anni passati a Napoli.
Fu lui, con un guizzo da vero commerciante navigato, ad aprire i giochi di quello che più in là divenne la nostra attività imprenditoriale dei diciott'anni.
Fu lui a scegliere l'ufficio, ad aprire i giochi e a stabilire i prezzi.
Soprattutto i prezzi.

Qualche mese più tardi, complice una reciproca voglia di viversi, mi spronò a diventare EROE e ad uscire dal giogo economico nel quale la nostra attività stagnava. (disse proprio così: E adesso, socio, siamo eroi!)
E fummo eroi, temerari, capaci di gesti grandiosi. Almeno a diciott'anni mi sembrava così.
Il nostro sodalizio crebbe fino a diventare scomodo per le mogli/fidanzate e anche per gli altri amici.
Forse per la deriva alcolica che stavamo prendendo.
A nulla però valsero i loro tentativi di separarci.
G. veniva la mattina alle undici a svegliarmi a casa di mia madre.
E ci veniva tutte le mattine della settimana.
Aveva una bottiglia di whisky sotto il braccio, gli aprivo la porta ancora con le righe del cuscino in faccia e dopo due minuti stavamo facendo colazione con Bayles e hashish.
Poi storditi & stonati come potevano esserlo Butch Cassidy e Sundance Kid (ai quali ci ispiravamo) scendevamo in strada con le nostre andature storte e andavamo a caccia di fighe (ai tempi le chiamavamo ancora ragazze...o femmine).

Un paio di anni dopo fui io a tradire l'amico G.
Decisi di partire per l'inghilterra e non ci furono cazzi a fermarmi.
Questo gettò la nostra amicizia in quel tunnel della memoria pieno di volti dei quali poco per volta ci si dimentica i nomi.
Continuammo a sentirci sempre più sporadicamente.
Alla fine G. divenne uno dei tanti contatti internet con i quali non si va oltre ad una email ogni due anni.

Poi ci ritrovammo.
A Napoli ovviamente.
G. mi propose di ospitarlo a Verona per un po'.
Arrivò una domenica sera piovosa e fredda e restò da me per un paio di mesi.
Il tempo che abbiamo passato insieme mi sembra vissuto il doppio!
Oggi un amico con il quale discorrere di qualsiasi scemenza senza un briciolo di serietà o di cose serie senza ironie di sorta è difficile da trovare.
Per fortuna io ho G.

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