mercoledì 12 gennaio 2011

Once upon a time in Naples.

C'era un tempo in cui traevo ispirazione dalle persone che raccontavano di se stesse.
Quelli che urlavano "me me me me" a tutta forza.
Ero convinto che il motivo della loro impazienza nel raccontare le proprie storie fosse legato a doppio filo con la paura di non essere creduti.
E tanto più temevano l'impopolarità tanto più urlavano "io io io".
Quando le loro amicizie si inasprirono e si svuotarono con la stessa velocità con cui si erano gonfiate, strepitarono a tutta forza e ancora fino ad avere voce: "me! me! me!".
Alcune storie nate in quegli anni hanno finito per assumere i contorni di leggende.
Altre, meno fortunate, sono state rinnegate dai loro stessi autori con una violenza che non ha lasciato dubbi.
Nell'ora della definitiva decisione di abbandonare coloro che si ponevano al centro di tutto l'universo mi accorsi che anche le mie amicizie si erano inasprite e svuotate con la stessa velocità con la quale si erano gonfiate.
Nel frastuono giovanile di Napoli avevo urlato a squarciagola "me me me" fino a credere che portassi dentro ben due esseri distinti, e l'ultimo, "l'io io io" era destinato a soccombere.

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