martedì 9 dicembre 2008

Il piano

Apro parentesi:
Primo giorno di lavoro.
Un gran malditesta. Mille cose nuova da imparare. Mi hanno affiancato a questa giovane ragazza che è disordinata quanto me. Abbiamo fatto i tuffi tra le carte sulla scrivania. Specialità a candela, di testa e a bomba.
In gnerale comunque mi è sembrato tutto positivo. Anche dare del tu al proprio capo (che nel Veneto si dan tutti del tu).
Chiudo parentesi.



Gheorghos (leggi Yorgheos) è stato una brillante cometa nel panorama dei personaggi che hanno attraversato la mia vita (o io ho attraversato la sua se preferite).
Tanto breve quanto intensa è stata la nostra frequentazione che mi è sembrato di vivere tre volte in quel periodo.
Stiamo parlando ovviamente di Preston 2002-Liverpool 2003.
Fu lui per primo ad ipotizzare l'idea di un piano. E oggi mi chiedo se non avesse letto "Il pendolo di Focault" di Umberto Eco.
Ci incontrammo parecchie volte durante le feste Erasmus dell'università del Central Lancashire. Feste che presero poi il nome di Fiestas Espanolas.
Ci studiavamo da lontano, ascoltavamo i versi imparati a memoria dei nostri ospiti.
A casa di A. lessi nei suoi occhi una grande curiosità per il mondo.
Dissi dentro di me: "quest'uomo ha qualcosa da dire". E glielo dissi.
"tu hai qualcosa da dire. Qualcosa da dirmi".
Per un anno non abbiamo smesso di raccontarci cose, teorizzare altre, ridere, bere, fumare, e andare a donne.
Ghoerghos non aveva i tratti tipici dei maschi greci. Era biondo. alto, dinoccolato e sornione. Aveva il vezzo di annuire a chiunque lo stesse guardando.
Suo padre era nato in Russia e sua madre al Cairo.

Mi introdusse nella sua piccola confraternita di filisofi, nonostante io facessi fatica a stergli dietro.

Ci accompagnava Thierry, un ragazzo Ruandese, nerissimo e magrissimo, le donne impazzivano per lui. Io invidiavo il suo poter indossare qualsiasi abito di qualunque colore senza mai stonare. Parlava inglese come nei ghetti newyorkesi.
Non si capiva una mazza.
Qualche volta tirava fuori le foto della sua famiglia, di cui aveva scarse notizie.
Storie di guerra civile. Storie molto tristi.

Il quarto fratello filosofo era Mark, un ragazzone tedesco.
Mark rideva sempre, e si riempiva di canne. E di birra. E di peperoncino piccantissimo.
Quando lo conobbi mi venne in mente una sola frase:
"You're german eh? germans are the beginning of the end".
Ci ridemmo sopra per un weekend filato.

Forse proprio quel weekend, sfatti di droga e alcol gettammo le basi del piano.
Nel piano potevamo scegliere il futuro dell'umanità. La fine dell'odio raziale, della distruzione del pianeta.
Sembrava che ogni pezzo del puzzle trovasse sistematicamente la sua posizione.
Ipotizzammo valori e numeri e ci lavorammo sopra. Davvero.
Selezionammo qualità genetiche e percentuali di mescolanza.
Finche non capimmo di essere arrivati tardi. Qualcuno ci aveva già pensato. Ma al contrario.
Ne parlammo per settimane, mesi. Affinammo le nostre idee e ne venne fuori un opera incredibile.
Quando fu chiaro che stavamo per dividerci promettemmo che qualunque cosa avessimo fatto nella vita, avremmo seguito il piano. E che il piano sarebbe stato messo in pratica senza mai usare la violenza.
Mark partì per la germania e Thierry si perse tra mille corsi universitari.
Gheorgos si diede anima e corpo nel salvare una ragazza tanto maniaca quanto bella.
Ed io decisi di scappare in Messico.

Dopo qualche tempo ho rivisto Gheorghos a Liverpool.
Non ero piu andato in Messico.
La sua ragazza stava meglio.

Nei nostri occhi con al lato il Mar d'Irlanda e senza pronunciare una parola, giurammo ancora di seguire il piano.

In bocca al lupo Fratello Gheorghos, ovunque tu sia.

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